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Andrej Longo


Tanto peggio di così mica può andare

Io, se fossi capace, prenderei un kalashnikov e sparerei a tutti quanti quelli che so io, prenderei due o tre bombe a mano e un bazuka, così la finirebbero di fare i guappi, la finirebbero di rompere il cazzo alla gente. 
Ma siccome non sono capace sono salita all'ultimo piano dell'Hotel Riviera. 
Non l'avevo mai vista Napoli così. A vederla così pare tutta un'altra cosa: il mare, Castel dell'Ovo, il Maschio Angioino, il Museo Capodimonte, le macchine come tante formiche e le persone neanche si vedono. 
Pare tutta un'altra cosa.
"Allora? Come vi è venuta questa pensata?", ha chiesto il pompiere che si era affacciato dalla finestra.
"E a voi che ve ne fotte?", ho detto io.
"Personalmente niente, però siccome è il mio lavoro cerco di far1o bene". 
"Qua perdete tempo", ho detto. 
"Siete proprio decisa?"
"Ci potete scommettere", ho risposto. 
"E che cos'è? Una delusione d'amore?", ha chiesto.
"Vi sembro così sciacquina?", ho detto io. 
"No no, per carità".
"Che per una delusione d'amore mi buttavo da soprabbasso?".
"E vabbé", ha detto, "ho sbagliato".
"A me è la vita che mi ha deluso". 
"Allora è un fatto grave. 
"E se la vita ti ha deluso...", ho fatto cenno con la testa verso il basso. 
"Certo".
"Lasciatemi perdere allora che è meglio". 
"Spiegatemi prima perché vi volete buttare". 
"Siete cocciuto
"Lo so".
"Ma perché tenete tutta quest'insistenza?". 
"Perché se vi volevate buttare veramente, già vi eravate buttata".
"Vi sbagliate, perché io veramente mi voglio buttare, però mi manca il coraggio".
"Solo questo?".
"E poi a guardare le cose da quassù pare che sono diverse. Quelle sono sempre la stessa merda, però è un'impressione bella e prima di buttarmi me la voglio godere un po' quest'impressione, avete capito?".
"No".
"Non fa niente".
Per un po' non ha parlato più, poi ha tirato fuori il pacchetto di Marlboro:
"Una sigaretta?".
"No, tanto mi debbo buttare".
"Vi fumate prima la sigaretta e poi vi buttate". 
Ho finto un sorriso e mi sono presa la sigaretta. 
"Volete accendere?".
"L'accendino ce l'ho, grazie".
Mi sono seduta, con le gambe che sporgevano nel vuoto e ho acceso la sigaretta. Si è messo a fumare pure lui.
"Come vi chiamate?", ha chiesto.
"Samantha".
"È un nome esotico", ha detto.
"È adatto a una puttana come me", ho risposto.
"Ah...", ha detto, "ecco".
"Ecco che?"
"No, dico, ecco il punto".
"Ma quando mai".
"E allora raccontatemi meglio".
"V'interessa pure se sono una puttana?". 
"Sempre una persona siete".
Certo che la vita è strana. Per vent'anni incontrate solo ricottari e pezzi di merda, poi, proprio quando avete deciso di farla finita, capita una persona per bene.
"E va bene", ho detto, "prima di morire pure la debbo raccontare a qualcuno questa storia". 
"Oh, meno male", ha detto lui.
"Per prima cosa non sono una donna.
"Come non siete una donna?". 
"E andiamo, non avete capito?".
"No".
"Sono un travestito".
Sono un travestito ma non l'ho scelto io che diventavo un travestito. Ma neanche questo è il punto.
Quando avevo cinque o sei anni ero un ragazzino normale, solo che tenevo la pelle liscia e gli occhi dolci, e certe gambe lunghe come quelle di una femmina. Allora hanno cominciato a darmi certi ormoni e certe pillole che mi facevano crescere il seno, mia madre mi metteva a giocare con le bambole, mi truccava gli occhi e mi diceva che ero più bella.
A cinque o sei anni potete dire quello che volete a un bambino, lui vi crede. Gli potete dire dell'uomo nero, di babbo natale e degli extraterrestri, lui pensa che veramente esistono, e così se gli dite che è una bambina lui mica lo sa che non è vero.
Perché lo fanno? Per soldi, è naturale. Perché poi, quando tenete dodici o tredici anni, cominciate a fare marchette.
Pure quello vi fanno credere che è normale. E gli uomini si attizzano con noi, non lo immaginate quanto si attizzano. Teniamo più clienti di una puttana normale, teniamo la fila per tutto il Corso e i soldi come se piovessero. Non vi meravigliate, sono cose che succedono. Le galline le crescono perché fanno le uova, a noi ci crescono così, per fare quello che facciamo.
Quando capite come stanno veramente le cose è troppo tardi, perché ormai non lo sapete neanche più voi quello che siete veramente, una donna, un uomo, una razza a parte, non lo capite.
Però, dico io, una, arrivata a diciotto anni, potrebbe vedersene bene di quei soldi, o almeno decidere che vuole fare nella vita: la puttana, la parrucchiera o magari si mette a studiare e si prende un diploma, o no?
Nossignore, questa possibilità non ci sta, non ci sta perché quella cessa della madre che vi ha messo al mondo e che è più puttana di voi, vi ha venduta, e ora appartenete a un boss qualunque che di voi non se ne fotte un cazzo e vi sfrutta fino a quando può. 
Come una gallina.
Ma io mi sono stancata di fare la gallina. 
Me ne sono scappata a Roma pensando che lì riuscivo a liberarmi di questa galera. Ma loro mi hanno trovata e mi hanno portata un'altra volta a Napoli, e al prossimo sgarro ti saluto a Samantha.
Il pompiere mi guardava con certi occhi da pesce lesso, perché si vede che non aveva mai saputo niente di queste storie.
"E alla polizia non potete andare?", ha chiesto. 
"Sì, la polizia. Non li sapete a quelli", ho detto. 
"E allora?", ha chiesto lui.
"E allora mi butto di sotto e non ci penso più", ho risposto, e mi sono alzata.
"No no, non è giusto che finisce così", ha detto lui.
"E che ci volete fare?", ho detto. 
"È la vita". Mi stavo per buttare ma il pompiere è uscito anche lui sul cornicione:
"Se vi buttate voi mi butto pure io".
Ho capito che non stava scherzando, ma perché gli era presa quella fissazione non riuscivo a farmi capace.
"Ma che siete, impazzito?", ho detto.
"Forse".
"Una moglie non la tenete?". 
"Mi ha lasciato stamattina". ..... e figli ne avete?'
"Due".
"E allora tornate dentro e finitela con questa tarantella".
"Entrate pure voi", ha detto.
Ma guarda un poco se a una neanche ammazzarsi in grazia di Dio è concesso.
"Come vi chiamate?".
"Francesco".
"Francesco, statemi a sentire bene, se io mi butto voi non c'entrate niente".
"Lo so. Però se vi buttate mi butto anch'io". 
"E vediamo", ho detto.
"Vediamo".
Quello veramente si buttava.
Potevo fare finta di niente, potevo sbattermene il cazzo che quello si buttava appresso a me, chi lo conosceva, chi l'aveva mai visto? 
Però in tutta la mia vita era l'unica persona gentile che avevo incontrato. 
Forse lo faceva per via della moglie che lo aveva lasciato, forse il caldo gli aveva dato alla testa o forse c'entrava il fatto di tutti quei pompieri morti in America per salvare la gente e anche lui voleva fare l'eroe. Vai a sapere.
Fatto sta che ho lasciato perdere.
Mi potevo pure buttare il giorno appresso, che mi cambiava a me? Niente. Però lui non si buttava. La sera si faceva una doccia, abbracciava i figli e gli passava quella confusione.

"Grazie che non vi siete buttata", ha detto lui quando siamo entrati dentro.
"Grazie a voi", ho detto io.
L'ho detto così, tanto per dire una cosa gentile, però poi ho pensato che poteva essere pure un segno del destino, che se cercavo ci stava ancora una possibilità. 
Magari bastava che mi compravo un biglietto del treno per Parigi o per Madrid. 
Salivo sul treno e cambiava la vita.
Potevo provare, come se mi facevo un regalo. Mi regalavo un sogno. Tutta la vita passata a regalare sogni alla gente, per una volta, chi lo sa, forse poteva andare pure al contrario.


Tratto da LINUS - agosto 2002

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