Piermario Giovannone
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da " L'infinità
decrescente "
Nerosubianco EDIZIONI 2005
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sconfessati, abbassa la cresta, abbi paura
dimmi che anche tu
qualche giorno l'hai passato
a controllare
se il telefono che non suonava
era appoggiato male |
ti rivedo dopo mesi: un bacio
piccolo
e di nuovo ci lasciamo vai,
ventosa crudeltà il tuo
profumo
ti disegna
nel mio naso |
tu sei un universo,
e stai in uno sguardo |
per Marica
sono anche stato
scontroso e chiuso,
nero di rabbia
grigio di nausea
invece tu
con i tuoi sguardi
non hai mai smesso
di partorirmi |
intanto
il sole attende
l'ultima fotografia
per tramontare in pace |
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da " Le Piume di
Jacopone "
Genesi Editrice
2000
proprietà letteraria riservata
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guarda un po' qui
sopra questo foglio:
qui c'è scritto amore,
e c'è il nero di un abbandono
e il bianco di un incontro
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DUE DI PICCHE
tu mi tartassi
e sembri vecchia
arcignamente
ci si rannicchia
da un canto uno
dall'altro l'altra
il nodo stringe
laringe e denti
e buona notte
così si sogna
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-come stai? cosa fai?
ci sentiamo?
mi hai messo in una
goccia d'ambra
mi porti come ciondolino, quando ti piace
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ÉTINCELLE
senza la benché minima
intenzione di allargarsi
s'impuntò il cerchio d'acqua
guardando il sasso affondare...
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provavo a parlare
e a cercar corrispondenze
anche se la pioggia cadeva
e non somigliava a niente
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da " Austro e Favonio"
Genesi Editrice, Torino
1994
proprietà letteraria riservata |
Libero e solo
come un veliero s'avanza
guidato da un ebbro timoniere
io me ne andavo
ridendo del mondo
e lui di me |
Avrei voluto baciarti
con la forza del vento
urlarti che t'amo...
con un filo di
voce
ti salutai
come si saluta il panettiere
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Quando
mi spettina il vento
avrei voglia di seguirlo
con una nave di legno, nel mare grosso
capitano ad occhi chiusi
pieno di freddo e di libertà
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un giradischi abbandonato
continua da solo il proprio ufficio
anche le tovaglie piangono
champagne
in quest'aria da dopo festa |
Mi sento solo
solo
come quei balconi
con le tapparelle abbassate
abbandonati
dove la pioggia cade
la sabbia si posa
si posa la polvere
e che se avessero voce
li sentiresti
invocare gli uccelli
se avessero mani li vedresti
disegnarsi gerani e azalee
aspetto come loro
qualcuno che mi riapra:
pavimento da calpestare
veicolo di luce
altro
non so immaginare
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hai la pelle di un
pesce
ed io non ho più reti
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Se solo potessi
come un pezzo di legno
esser forgiato a gabbiano...
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Fra le frange da
cowboy
sulla tua pelle color neve
anche Ulisse si sarebbe fermato
dimenticando Itaca
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Domani
chissà quante cose
maledette o insperate
quanti coltelli e quante carezze
quanti stridori e quante assonanze
chissà se il tuo viso
sarà di drago o di angelo
se sputerai fuoco o sfiorerai corde. chissà
se i tuoi occhi cadranno
su di me
o mi attraverseranno
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nel tuo mare non
chiedo
tenacia di corallo
mi consola esser flutto
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